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Barteselli (Banco BPM): nonostante Omnibus, i dati ESG restano essenziali per l’erogazione del credito


Con il primo pacchetto Omnibus, la Commissione Europea ha proposto una revisione delle norme in materia di rendicontazione ESG, introducendo importanti semplificazioni per le piccole e medie imprese. L’obiettivo dichiarato è ridurre gli oneri amministrativi e aumentare la competitività del tessuto economico europeo. Tuttavia, se da un lato la misura può alleggerire il carico di compliance per le aziende, dall’altro rischia di compromettere la qualità e la disponibilità delle informazioni di sostenibilità a disposizione degli stakeholder finanziari.

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Le banche, in particolare, si trovano oggi al centro di questa trasformazione normativa. Da tempo chiamate a integrare i criteri ESG nei propri processi di valutazione del merito creditizio, vedono ora restringersi la platea di imprese obbligate a fornire rendicontazioni standardizzate e certificate, rischiando così di generare un gap informativo significativo.

In questo scenario, gli istituti di credito sono costretti a intensificare la raccolta autonoma di dati ESG, spesso tramite questionari diretti, con tutte le difficoltà che ne derivano in termini di accuratezza, onerosità per le imprese e assenza di verifica esterna. Proprio per questo il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha proposto un tavolo congiunto con l’obiettivo di standardizzare la raccolta dei dati. 

Banco BPM, attore di rilievo nel panorama bancario nazionale e impegnato in un percorso concreto di integrazione della sostenibilità nella propria strategia, si confronta quotidianamente con queste complessità. In questa intervista, Raffaele Barteselli, responsabile Transizione e Sostenibilità del gruppo, spiega come la banca sta affrontando la nuova fase regolatoria, quali soluzioni ha adottato per garantire la qualità dei dati raccolti e quali prodotti offre al mercato.

Quali sono le implicazioni per le banche derivanti dalle modifiche alla normativa sulla reportistica ESG introdotte dal pacchetto Omnibus?

La proposta di semplificazione delle direttive in essere in ambito ESG pubblicata dalla Commissione Europea a fine febbraio (cd. Omnibus Package #1) mira a migliorare la competitività delle aziende di minori dimensioni riducendone l’impegno in termini di obblighi di disclosure, due diligence e verifica delle caratteristiche tecniche per considerare un’attività economica allineata alla Tassonomia UE e, quindi, sostenibile dal punto di vista climatico e ambientale. 

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La proposta della Commissione è ora al vaglio di Consiglio e Parlamento Europeo e, qualora venisse approvata da quest’ultimo, dovrebbe quindi essere recepita nell’ordinamento nazionale dei singoli Stati membri dell’Unione Europea prima di poter essere applicata.

Mentre la finalità della proposta è del tutto condivisibile, l’approccio adottato presenta luci e ombre sia per le imprese che per le banche.

Ancorché, infatti, per un’impresa che l’Omnibus Package #1 propone di escludere dall’obbligo di produrre annualmente una Rendicontazione di Sostenibilità permanga la possibilità di effettuare una disclosure “volontaria”, l’assenza di un obbligo di rendicontazione e, soprattutto, della certificazione da parte di un revisore esterno dell’adeguatezza delle informazioni prodotte dall’impresa in termini completezza, tempestività e veridicità espone gli utilizzatori di queste informazioni (i cosiddetti “stakeholder”, tra cui le banche con le quali l’impresa opera) a rischi di mancanza di dati fondamentali per valutare il profilo di sostenibilità dell’impresa stessa.

A discapito anche e soprattutto della stessa impresa, che deve approcciare le tematiche di sostenibilità (e la disclosure delle relative informazioni) come una leva strategica di successo piuttosto che come un mero obbligo di compliance normativa.

Molte aziende non saranno più obbligate a riportare i propri dati ESG, ma gli istituti di credito dovranno comunque valutare l’impiego delle proprie risorse finanziarie. Cosa cambierà?

Le tematiche di sostenibilità ESG sono oramai parte integrante dell’approccio attraverso il quale una banca valuta il merito creditizio di un’impresa affidata o da affidare, complementando nel processo istruttorio le tradizionali componenti finanziarie, patrimoniali ed economiche con le più innovative componenti riferite agli ambiti tecnologici, di governance, sociali, ambientali e climatici. Ciò in quanto il supporto che le banche stanno garantendo ai fini di fornire ai propri clienti la liquidità necessaria per effettuare gli investimenti e sostenere i costi derivanti dalle transizioni tecnologica ed energetica e dall’adattamento ai cambiamenti climatici espongono l’industria bancaria a nuovi fattori di rischio che devono essere adeguatamente valutati nei processi di quantificazione del profilo di rischio di ogni singolo istituto di credito.

Al fine di limitare il più possibile l’utilizzo di dati medi settoriali e geografici, valorizzando appieno le caratteristiche della singola impresa, le banche stanno raccogliendo le informazioni inerenti i fattori di rischio ESG tipicamente attraverso un questionario erogato a ogni cliente.

Naturalmente i dati raccolti variano da banca a banca, costringendo quindi l’imprenditore a uno sforzo non indifferente per compilare i questionari, ricevuti anche da altri stakeholder quali l’impresa di assicurazione, l’azienda capo filiera, i fornitori ecc.

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È bene, altresì, sottolineare che le informazioni raccolte tramite un questionario non sono oggetto di verifica da parte di un revisore esterno e, quindi, possono avere contenuti di precisione meno robusti.

In qualità di stakeholder, le banche attendevano pertanto con grande favore l’avvio dell’obbligo di disclosure anche per le imprese di minori dimensioni, così come attualmente prospettato dalla CSRD che, pensate, faceva salire a oltre 50mila il numero di aziende europee obbligate a produrre annualmente la Rendicontazione di Sostenibilità, che contiene informazioni ESG standardizzate (quindi, più confrontabili) e auditate (quindi, più robuste).

La proposta della Commissione contenuta nell’Omnibus Package #1 riduce il numero intorno a 10mila unità (-80% circa), cifra addirittura inferiore alle quasi 12mila aziende europee che, fino allo scorso anno, producevano la cosiddetta dichiarazione non finanziaria.

Personalmente, ritengo che la proposta penalizzi le stesse imprese, soprattutto quelle che a fatica avevano già ottenuto il commitment interno per dedicare la giusta capacity alla produzione, raccolta e pubblicazione delle informazioni in ambito ESG, costruendo team di specialisti dedicati a valorizzare questa leva strategica.

Il pacchetto Omnibus ha anche modificato il metodo di calcolo del GAR. Rifletterà meglio la realtà delle banche?

Insieme alla semplificazione delle regole tassonomiche questo è, forse, uno degli aspetti più positivi della proposta della Commissione europea, in quanto l’attuale metodologia di calcolo del Green Asset Ratio (GAR) è poco utile a rappresentare la greenness dei portafogli di un’azienda di credito, come dimostrato da valori di poco superiori allo zero pubblicati finora dalle banche europee.

La proposta, infatti, consente di rendere maggiormente coerenti il numeratore, che riporta l’ammontare di finanziamenti e/o investimenti effettuati da una banca in attività allineate alla Tassonomia UE (sostanzialmente, mutui in classe di prestazione energetica A e percentuale di finanziamenti erogati ad aziende che dichiarano nella Rendicontazione di Sostenibilità di aver prodotto una pari percentuale di fatturato attraverso attività economiche allineate alla Tassonomia), e il denominatore che, invece, oggi considera anche tutta una serie di elementi che, per le regole attuali, non sono ammissibili per definizione al numeratore (impieghi verso aziende non soggette alla CSRD, altre voci dell’attivo di bilancio bancario).

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La conseguenza, naturalmente, è da un lato l’impossibilità di raggiungere un valore di GAR pari al 100%, dall’altro di non poter adeguatamente rappresentare gli sforzi compiuti da una banca a supporto della transizione ambientale.

Limitando il denominatore alle sole aziende clienti a cui si applica la CSRD, la proposta contenuta nell’Omnibus Package #1 quantomeno permette alle banche di limitare significativamente l’incongruenza contenuta nell’attuale metodologia di calcolo del GAR, limitando al 10-15 per cento del totale l’ammontare di attivi bancari che non potranno alimentare il numeratore (attualmente, per una banca commerciale tale percentuale si attesa su livelli compresi tra la metà e i tre quarti del denominatore).

In che modo la sua banca sta raccogliendo i dati ESG dei propri clienti? Quali sono le principali difficoltà che state riscontrando in questo processo?

Il tema della gestione dei dati è sempre più cruciale nella relazione banca – cliente. La disponibilità delle informazioni da un lato, la qualità delle stesse e le modalità del loro utilizzo dall’altra rappresentano una vera e propria sfida che banche e clienti devono affrontare quotidianamente.

È in questo contesto che si inserisce il tema del “questionario ESG”. Questo strumento ha rappresentato fino a oggi una delle principali fonti informative utilizzate dalle banche per raccogliere informazioni in ambito di sostenibilità. 

Per poter creare valore sia lato banca, sia lato cliente è fondamentale, a nostro avviso, lavorare su due direttrici: 

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  • semplificare le attività in carico alle aziende, rendendo sempre più semplice, veloce e automatizzata la compilazione dei questionari, limitando le informazioni richieste a quelle non già disponibili alla banca da altre fonti; 
  • assicurare una sempre maggiore attendibilità alle informazioni fornite, tramite verifiche il più possibile automatiche da effettuare incrociando le stesse con altre informazioni presenti in banca, attraverso un’attività di benchmarking o, infine, monitorando la dinamica storica delle metriche più significative.

È evidente che una progressiva convergenza degli schemi dei questionari a livello di sistema (seguendo ad esempio le sollecitazioni in tal senso proposte dal MEF) possa rappresentare un acceleratore in grado di permettere alle imprese di produrre e alle banche di ottenere informazioni in modo semplice, e che siano standardizzate, confrontabili e, di conseguenza, più facilmente verificabili. Anche per limitare fenomeni indesiderati di raccolta e utilizzo di informazioni di scarsa attendibilità derivanti, come sopra ricordato, dalla non auditibilità dei dati raccolti attraverso il questionario ESG.

Quali criteri avete seguito nella definizione del vostro questionario?

Nello sviluppo del questionario ESG siamo stati ispirati dagli obiettivi di semplicità, rilevanza e priorità. La semplicità è necessaria sia per limitare l’effort di compilazione a carico delle aziende sia per evitare di raccogliere informazioni poco affidabili. In questo contesto la già citata proposta di questionario da parte del MEF è particolarmente rilevante e interessante non solo rispetto al limitato numero delle domande che sono contenute rispetto ad altre proposte, ma soprattutto in quanto si declinano in modo puntuale anche le istruzioni di compilazione dei dati richiesti. Passando alla dimensione della rilevanza, questa ci ha suggerito di proporre domande specifiche per i diversi settori di attività economica, complicando per noi la raccolta dati ma semplificandola di nuovo per le aziende. Questo vale sia per le informazioni quantitative sia per quelle quantitative. Inoltre, chiaramente, il questionario deve coprire tutti gli ambiti di sostenibilità ESG, da quello climatico/ambientale a quelli sociale e di governance. Infine, la dimensione della priorità ha suggerito di introdurre l’obbligatorietà di compilazione del questionario da parte delle aziende in modo graduale, partendo da quelle più esposte ai fattori di rischio ESG, ad esempio le imprese che agiscono processi produttivi altamente emissivi di gas serra o interessate a effettuare particolari operazioni di finanziamento.

Utilizzate software specifici per la raccolta e l’analisi dei dati?

I dati raccolti sono utili solo se entrano e sono utilizzati nei processi aziendali e nell’operatività quotidiana. Per questo, sin dalla prima fase di impianto, tutte le principali informazioni di natura ESG, incluse quelle raccolte tramite questionario ma anche quelle acquistate da provider esterni o frutto di elaborazioni interne, sono raccolte in un unico datawarehouse. Questo approccio permette, da un lato di poter effettuare in un unico punto le necessarie verifiche in termini di qualità, completezza e tempestività delle informazioni raccolte, dall’altro di garantire che le stesse informazioni alimentino i processi aziendali a valle, evitando una proliferazione di fonti informative attivate e utilizzate non solo dai diversi processi aziendali ma anche dai diversi business che compongono l’operatività del Gruppo Banco BPM. Ciò nella consapevolezza che la valutazione dell’impronta climatica di un’impresa deve essere sempre la stessa, indipendentemente dal processo interno che la utilizza (erogazione del credito, investimento in titoli del portafoglio di proprietà, creazione di una polizza unit-linked, consulenza per gli investimenti della clientela). Ogni nuova informazione raccolta o elaborata deve essere storicizzata in accordo a questo framework, che permette anche l’integrazione tra la reportistica interna, la disclosure esterna e il reporting regolamentare in ambito ESG.  

A che punto è il tavolo di lavoro per l’unificazione dei questionari?

Come già evidenziato, Banco BPM ha accolto con grande favore l’iniziativa del MEF nell’ambito dell’attività di supporto alle PMI nella produzione di informazioni attinenti agli impatti ESG, finalizzata a facilitare il dialogo con le banche sui temi della sostenibilità.

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Il questionario elaborato dal “Tavolo per la Finanza Sostenibile”, promosso e presieduto dal MEF – e che coinvolge anche il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la Banca d’Italia, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), l’Istituto per la vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS) e la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP) – favorisce il coordinamento tra istituzioni e sistema economico del Paese al fine di sviluppare e attuare strategie di finanza sostenibile e mobilitare così le risorse private attraverso il mercato dei capitali a servizio della transizione green e digitale dell’economia reale. 

Dopo un periodo di consultazione, che ha permesso di raccogliere i contributi di tutti gli attori interessati, da qualche settimana è disponibile online il Documento per il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche, che si compone di un questionario di #40 domande corredato da una Guida metodologica che fornisce supporto alla PMI nella predisposizione delle informazioni necessarie per poter fornire risposte adeguate e coerenti.

Allo stato attuale, come Banca abbiamo effettuato una gap analysis fra il modello di questionario proposto dal MEF e quello da noi utilizzato. 

È evidente che sarà importante seguire con grande attenzione le evoluzioni a livello di mercato per capire l’atteggiamento dei nostri competitor, nella consapevolezza che solo uno sforzo corale da parte di tutti gli stakeholder potrà consentire di raggiungere uno standard unico di raccolta delle informazioni ESG dalle PMI, limitando dunque gli impatti su produttori e utilizzatori di queste informazioni. Da questo punto di vista sarebbe super supportiva la raccolta dei questionari MEF attraverso una procedura che permetta di stoccarli in un unico punto, mettendoli a disposizioni di chiunque abbia necessità di usare le informazioni in essi contenute.

Dal punto di vista pratico, quali agevolazioni offrite nei vostri prodotti e servizi alle aziende con un profilo ESG più solido? Possiamo fornire qualche esempio concreto?

L’obiettivo di Banco BPM è supportare i clienti che desiderano gestire il loro percorso di transizione verso modelli di business più sostenibili e responsabili. 

Ovviamente l’approccio è differenziato in funzione del livello di consapevolezza della clientela sulle tematiche ESG.

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Per i clienti che iniziano oggi ad approcciare le tematiche di transizione sostenibile mettiamo a disposizione un servizio di consulenza e assistenza in materia di sostenibilità che, tramite un “check-up” approfondito del cliente in ambito ESG, consente alla banca di supportarlo nella definizione di un percorso personalizzato, coerente con la strategia aziendale, verso una transizione più sostenibile. 

Per i clienti più evoluti, invece, la consulenza è più mirata a consentire migliorare la consapevolezza del proprio posizionamento rispetto alle tematiche ESG oltre a ottenere supporto nella predisposizione di una rendicontazione “strutturata” (come la CSRD). 

Con riferimento ad attività più attinenti alla nostra mission più caratteristica, mettiamo a disposizione della nostra clientela:

  • una gamma completa di soluzioni per finanziare tutte le possibili tipologie di interventi volti alla realizzazione di progetti “sostenibili” di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici (finanziamenti finalizzati, project financing);
  • soluzioni flessibili che consentano ai nostri clienti di ottenere supporto finanziario a medio-lungo termine, senza necessità di dover utilizzare i fondi ricevuti per specifiche progettualità in ambito ESG (cd. Sustainable-Linked Loan). In questi casi, per dimostrare il sostegno alle imprese che intraprendono percorsi virtuosi di transizione, impegnandosi attivamente a migliorare le proprie performance in ambito di sostenibilità, Banco BPM ha previsto meccanismi di riduzione del tasso di interesse applicato connessi al raggiungimento e mantenimento degli obiettivi di sostenibilità annuali condivisi (Key Sustainability Indicator).

Anche per questo è fondamentale che il cliente sia in grado di produrre e pubblicare informazioni certificate di qualità.



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