“I costi della materia prima, sono determinanti per fare impresa nel nostro paese. Riteniamo che siano necessarie misure strutturali come parte di una politica industriale del paese che possa rendere più competitiva la nostra manifattura e recuperare il divario presente con gli altri competitor europei”. E’ quanto dichiara in apertura dei lavori Aldo Chiarini, presidente di Gas Intensive, ente promotore dell’incontro del 15 aprile. Dunque le premesse del dibattito ruotano attorno al tema centrale della competitività delle imprese italiane di fronte ai costi energetici.
Si evidenzia come i costi della materia prima gas siano un fattore chiave. Due sono le principali problematiche poste in risalto:
- L’anomalo spread elevato tra PSV-TTF. E cioè i rispettivi prezzi del gas tra l’Italia (Punto di Scambio Virtuale) e l’Olanda (Title Transfer Facility), con il TTF un benchmark europeo di riferimento del prezzo del gas. Questo divario genera extra profitti per pochi operatori e costi ingiustificati per imprese e famiglie, in un contesto di approvvigionamento dal nord Europa limitato.
- La mancata attuazione della “gas release”, ovvero la messa a disposizione di una quota del gas nazionale estratto, nonostante le aspettative pluriennali.
Significativo il richiamo alle recenti dichiarazioni del numero uni di ENI, che vede più probabile una ripartenza del nucleare rispetto all’estrazione di gas nazionale.
In risposta a queste criticità, era stata proposto un azzeramento dello spread PSV-TTF tramite un sistema che incentivasse contratti di lungo termine di biometano per favorire l’avvio di nuovi impianti di produzione. Proposta che non è poi stata inclusa nel decreto bollette.
Biometano come risorsa strategica per la transizione
Il presidente del GSE Paolo Arrigoni fornisce un quadro sullo stato attuale e le prospettive del biometano in Italia, a fronte di un’elevata volatilità dei prezzi del gas naturale (fossile) a sfavore delle imprese italiane.
“Fortunatamente nel mese di aprile siamo scesi sotto i 40 €/MWh. Abbiamo registrato punte nel mese di febbraio che, trascinando l’energia elettrica, hanno portato il governo a varare il decreto bollette. Ma c’è sempre questo differenziale, ahimè, a nostro svantaggio tra PSV e TTF che cumula circa 2 €/MWh”, esordisce Arrigoni focalizzandosi sull’attuale contingenza dei prezzi di gas naturale.
Anche ben oltre i 2 €, se si considera che a metà aprile gli scambi del day-ahead sulle piattaforme europee vedevano segnare i 40 €/MWh per il PSV e i 36,5 €/MWh per il Ttf, con un differenziale per il mese di maggio di 2,8 €, PSV sopra TTF.
Si evidenzia anche un livello di stoccaggio gas inferiore all’anno precedente, nonostante l’aumento dei consumi nel 2024 e, in prospetiva, un prolungato ruolo strategico del gas nella transizione verde. Vecchio adagio.
Fatte queste premesse, il focus si sposta sul tema del dibattito per trovare risposte: il biometano. Il presidente del GSE ricorda i due decreti ministeriali di incentivazione al biometano, nel 2018 e nel 2022, con l’ultimo legato al PNRR e a uno stanziamento di 1,73 miliardi di euro gestiti dal GSE. Gli obiettivi eur
opei del RepowerEU hanno innalzato le aspettative a 35 miliardi di metri cubi di biometano al 2030, con un target di 5 miliardi smc per l’Italia.
I due decreti hanno prodotto risultati specifici:
- DM 2018: 170 impianti qualificati (di cui 116 in esercizio con una capacità pari a 789 milioni di smc/anno), incentivati tramite CIG e destinati al settore dei trasporti (produzione in crescita, 440 milioni di smc nel 2024).
- DM 2022 (PNRR): Cinque procedure competitive per un totale di 2,3 miliardi di smc aggiuntivi, con un sistema di incentivi in conto capitale e conto energia. Le prime quattro procedure hanno visto 260 impianti ammessi per una capacità potenziale di 1,02 miliardi di smc/anno e risorse assegnate per 1,2 miliardi. La quinta procedura, con 312 partecipanti è in fase di completamento.
Complessivamente, la capacità potenziale cumulata, tra il DM 2018 e le prime quattro procedure del DM 2022, supera l’obiettivo PNIEC del settore trasporti, mentre per gli altri usi si è già raggiunta quasi la metà dell’obiettivo 2030 (1,9 miliardi di smc su 3,9).
Si auspica una pianificazione a lungo termine per la produzione di biometano oltre la scadenza del PNRR (giugno 2026) e il presidente del GSE conclude invitando le aziende gasivore a valutare le opportunità per un autoconsumo fisico e virtuale dell’energia elettrica.
Quali misure per il costo del gas
“Quando ci siamo visti l’ultima volta”, si rivolge alla platea di Gas Intensive Federico Boschi, capo dipartimento Energia del Mase, “avevo detto che erano allo studio delle misure. Le misure sono state predisposte, come quella del servizio di liquidità. Sono misure che non possono strutturalmente generare un danno per i consumatori”.
Uno dei provvedimenti è appunto trovare dei meccanismi per dare liquidità al sistema, misura che, a suo avviso, non può che arrecare beneficio agli utenti. La misura prevede in particolare che il gas già acquistato sia rivenduto tramite aste a un prezzo legato al TTF. Spiega il capo dipartimento Energia: “la misura prevede di cedere il gas già provvisto con meccanismi ad asta, per cui si è acquistato un obbligo di cessione ai valori del TTF. Se il prezzo di mercato sta sopra il TTF io recupero i soldi che ho speso per pagare il premio. Se viceversa resta a livelli del TTF, io ho pagato un premio corrispondente ai costi di trasporto dal nord Europa per quel gas, ma avrò ottenuto l’effetto di annullare il differenziale”.
In risposta al pessimismo di alcuni relatori sulla Gas Release (la messa a disposizione di gas estratto in Italia) e sulle recenti dichiarazioni del numero uno di ENI, che ritiene più vicina la ripartenza del nucleare in Italia piuttosto che l’estrazione di gas nazionale, il capo dipartimento Energia del Mase non si dichiara così pessimista: “Ci sono altre misure allo studio. E’ chiaro che i volumi che caratterizzeranno questa misura non sono volumi elevatissimi perché chiaramente c’è il tema dell’Alto Adriatico, che è un tema molto sensibile, almeno nel futuro prossimo”.
Il MASE sta attentamente valutando altre misure, tra cui una proposta simile all’Energy Release, che anticiperebbe i benefici per gli utenti. Ma, avverte Boschi, l’efficacia di tali misure è direttamente proporzionale alla necessità di ottenere l’approvazione della Commissione Europea, sebbene si percepisca una potenziale apertura in tal senso. Parallelamente, il Mase sta dialogando con gli uffici della DG Comp (Direzione Generale della Concorrenza) per verificare la loro disponibilità ad accettare meccanismi che consentano di fornire vantaggi immediati alle nostre imprese ad alto consumo di gas, in cambio di impegni concreti verso la decarbonizzazione.
Su questi temi, Boschi conclude con un monito molto significativo sul fatto che in Italia, spesso non si comprende che l’energia è una risorsa per far funzionare le attività produttive, non un prodotto finale da vendere. Per questo, è essenziale che l’energia costi il meno possibile per aiutare le aziende a essere competitive.
“Credo che i manager delle nostre aziende che si occupano di produrre e importare gas, dovrebbero cercare di guadagnare di più ottenendo condizioni favorevoli dai fornitori, piuttosto che aumentando i prezzi sui consumatori. In un mercato così concentrato è molto semplice guadagnare sui consumatori, ma sono guadagni di breve periodo perché poi la domanda rischia di scomparire. In un mercato con pochi grandi operatori, è facile guadagnare sui consumatori, ma sono guadagni di breve periodo perché poi la domanda potrebbe diminuire. Più impegnativo è trattare con i fornitori, specialmente se questi sono monopolisti. Ecco, questo direi è un po’ il quadro a tinte chiaroscure”, conclude Boschi.
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