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La sfida demografica italiana | Verso un nuovo modo di fare business


Executive Summary

Tra le sfide più significative, irreversibili e complesse del prossimo futuro, a cui le aziende italiane dovranno prepararsi per includerle già oggi nella propria agenda strategica, c’è quella dell’inverno demografico. A differenza di altri “shock”, come la recente pandemia, la sfida demografica è un fenomeno multidimensionale che si sedimenta progressivamente e ineluttabilmente, le cui conseguenze sono molto estese e destinate ad accentuarsi nel corso dei prossimi decenni. Prevedere e attuare contromisure adeguate per gli impatti organizzativi, gestionali, economico-finanziari e strategici di questo cambiamento è quindi un imperativo per tutte le organizzazioni che vogliono continuare ad essere protagoniste nel mercato negli anni a venire.

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L’inverno demografico porterà a una decrescita della popolazione residente a 46,1 milioni nel 2080[1], con un significativo squilibrio tra nuove e vecchie generazioni. Entro il 2050, le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare un terzo della popolazione, portando il rapporto tra individui in età lavorativa e non-lavorativa dall’attuale 3:2 a 1:1. Quanto le aziende italiane sono pronte a gestire l’impatto della dinamica demografica? In che misura sono consce dei possibili cambiamenti sul proprio modello di business e assetto organizzativo? Come stanno ripensando le strategie e i piani di investimento per cogliere nuove opportunità e fronteggiare l’incertezza di sfide inattese? Queste sono solo alcune delle più importanti domande a cui lo studio “La sfida demografica italiana | Verso un nuovo modo di fare business” di Deloitte, curato da Stefano Alfonso – Senior Partner e Deloitte Central Mediterranean Growth Leader –  mira a rispondere.

Attualmente, il tessuto imprenditoriale italiano sta già registrando i primi segnali dell’emergenza demografica, ma si tratta di un fenomeno che rimane ancora troppo poco discusso a livello strategico, proprio a causa della graduale lentezza e della complessità con cui si manifesta. La maggior parte delle aziende italiane non ha ancora iniziato ad affrontare questa sfida in modo sistematico, con la dovuta attenzione e con il corretto atteggiamento strategico: la tematica, infatti, non è spesso inclusa nell’agenda dei CdA e nelle decisioni manageriali, che rimangono focalizzate su altre priorità contingenti o a temi di profittabilità di breve/medio periodo. Alcune eccezioni riguardano certi settori B2C (i.e. servizi finanziari, assicurazioni, real-estate, moda e agroalimentare) che, per loro stessa natura, devono prestare una maggiore attenzione all’evoluzione del profilo socio-demografico della loro base clienti.

Per prosperare nel nuovo scenario competitivo – dove il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità nel 2040 con un calo del PIL (nella migliore delle ipotesi) del 13%[2] – le aziende, devono attivare quanto prima una rigorosa, lungimirante e proattiva pianificazione strategica. Ciò implica anche investimenti di risorse per innovare il proprio modello di business e gettare le basi per la creazione di imprese sempre più competitive, resilienti e inclusive. In funzione della propria fase del ciclo di vita e delle ambizioni di crescita, ogni azienda dovrà affrontare l’evoluzione demografica su 5 principali aree, interrelate fra loro: digitalizzazione, assetto organizzativo, modalità di crescita, value proposition e purpose.

In un momento che registra un tasso di disoccupazione ai minimi storici, il primo step è aumentare il livello di maturità digitale dei processi aziendali e delle strategie aziendali, attraverso una significativa accelerazione in termini di adozione e integrazione di nuove tecnologie digitali. Queste innovazioni daranno un contributo positivo in termini di efficienza e produttività del lavoro, consentendo di compensare la mancanza di manodopera specialmente per le attività più standardizzabili e, al tempo stesso, ripensare il ruolo stesso delle persone all’interno dell’azienda, concentrandone il talento sulle attività a maggiore valore aggiunto. Inoltre, tali soluzioni tecnologiche e le nuove opportunità di interazione digitale permetteranno di meglio supportare i lavoratori senior, estendendo la loro “vita lavorativa” ben oltre i limiti attuali con ricadute positive sul know-how e sulla performance dell’organizzazione.

In secondo luogo, le aziende dovranno valorizzare il proprio capitale umano, investendo già oggi su nuovi modelli di gestione delle risorse umane, dove la linearità e la sequenzialità lasciano spazio alla fluidità. I leader aziendali HR devono, in altre parole, delineare un approccio strutturato e integrato di age management che aumenti l’“employability” dei lavoratori, attraverso investimenti mirati in nuovi percorsi strutturati di carriera che minimizzino i fenomeni di “disengagement”, “silent quitting” e disaffezione dal purpose aziendale. In parallelo, devono agire al fine di aggiornare costantemente il patrimonio di conoscenze del proprio capitale umano, contrastando l’obsolescenza delle competenze attraverso programmi di “upskilling” e “reskilling”, nonché lo sviluppo di un modello di “life-long learning” in linea con gli sviluppi tecnologici e le nuove modalità di erogazione del lavoro previsti nei prossimi anni. Infine, devono iniziare a rimodulare le strategie di collaborazione tra diversi team e funzioni aziendali, al fine di armonizzare quanto più possibile gli squilibri generazionali, favorendo piuttosto l’apprendimento intergenerazionale e le opportunità di scambio reciproco.

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Inoltre, le organizzazioni devono ripensare strategicamente le modalità di crescita percorribili, in modo tale da avere a disposizione le risorse, le qualità e la scala necessarie per consolidare un modello di business idoneo a prosperare nel nuovo scenario competitivo, che l’inverno demografico sta lentamente ridisegnando in termini di geografia delle attività di business e relazioni tra attori economici. Le aziende devono interrogarsi su come creare sinergie e avere accesso a nuove conoscenze e competenze per affermarsi sulla competizione. In questo ambito, le organizzazioni sono chiamate a valutare: l’adozione di nuovi modelli di organizzazione del lavoro che integrino scelte di “make or buy”; il consolidamento della propria posizione di mercato attraverso forme di integrazione verticale e/o orizzontale basate su attività di finanza straordinaria (ad es. M&A) per aumentare l’efficienza della performance complessiva; e la partecipazione a moderni ecosistemi d’imprese (aperti, distribuiti e collaborativi) per una gestione ottimizzata delle varie componenti della catena del valore.

Tutte le suddette valutazioni strategiche devono poi risultare allineate alla nuova “value proposition”. In questo senso, le aziende devono ripensare (anche in modo radicale) la propria “offering” in termini di target di clientela, posizionamento e valore generato dal portfolio prodotti. In parallelo, le organizzazioni sono chiamate a riflettere su come innovare in modo coerente le strategie di marketing, vendita e comunicazione – assicurando sempre un elevato livello di personalizzazione dell’offerta.

Infine, le imprese devono saper ridefinire il proprio “purpose” aziendale, enfatizzando il ruolo sociale, integrando valori e principi etici che siano condivisi e tali da generare valore per tutti gli stakeholder nel nuovo contesto di business. In questo frangente, si inseriscono considerazioni riconducibili all’evoluzione dei modelli di welfare aziendale e allo sviluppo di policy/strumenti, che enfatizzino il ruolo responsabile e proattivo dell’azienda nel mitigare le conseguenze dell’inverno demografico e nel garantire ai propri dipendenti il perseguimento del loro benessere.

Le organizzazioni non possono chiaramente intervenire sulle cause esogene della dinamica demografica italiana, ma devono essere all’altezza di affrontare pienamente il futuro che le attende, intervenendo in modo proattivo sul proprio assetto strategico, organizzativo e digitale. Condizione necessaria a tal fine è la capacità di mettere in discussione i modelli tradizionali e il “business-as-usual”, adottare una prospettiva in grado di bilanciare le esigenze operative di breve termine con una visione strategica di lungo termine e accogliere con inventiva e spirito costruttivo i cambiamenti già oggi intellegibili.  Attivarsi in modo previdente significa raccogliere, nel medio e lungo termine, una serie di benefici e vantaggi più che proporzionali rispetto ai rispettivi investimenti sostenuti. Le imprese italiane si trovano di fatto a un bivio storico, oltre il quale solo chi saprà trasformare le sfide in opportunità, innovando con coraggio e lungimiranza, potrà davvero prosperare in un contesto che si avvia ad un profondo mutamento. Cambiare le logiche e i modelli abituali richiede la forza di reinventarsi e l’ambizione di anticipare il cambiamento, ma è la chiave per costruire un domani prospero di spazi di innovazione e opportunità da cogliere.


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“La sfida demografica italiana è l’attuale shock irreversibile che si sta abbattendo sulle organizzazioni italiane e determinerà un nuovo modo di fare business. Questo scenario non è una possibilità ma è di fatto una certezza, con cui le imprese dovranno fare i conti – volenti o meno. Non si tratta inoltre di una disruption come altre. A differenza di specifici “shock” come la recente pandemia, l’inverno demografico è un fenomeno multidimensionale che si sedimenta progressivamente e ineluttabilmente. Le conseguenze sono molto estese, complesse e oggi solo in parte prevedibili. Comprendere gli impatti e le evoluzioni di questo cambiamento è quindi un imperativo per tutte le organizzazioni che vogliono continuare ad essere protagoniste nel mercato negli anni a venire. Attivarsi già da oggi significa gettare le basi per la creazione di organizzazioni sempre più resilienti e inclusive, dove i benefici e vantaggi risulteranno più che proporzionali rispetto agli investimenti sostenuti”.

Quanto le aziende italiane sono pronte a gestire l’impatto della dinamica demografica? Secondo l’analisi condotta da Deloitte, oggi prevale una generica preoccupazione sul tema, mentre la maggior parte delle organizzazioni non ha ancora iniziato ad affrontarlo con la dovuta attenzione e il corretto atteggiamento strategico. La sfida demografica è spesso ancora fuori dagli ordini del giorno dei CdA e delle decisioni manageriali, che sono focalizzati su altre priorità o legate alla profittabilità di breve/medio periodo. Solo in alcuni settori, che si distinguono per una potenziale maggiore esposizione ai clienti “senior”, le imprese stanno iniziando a prendere le misure della sfida demografica. Ad esempio, i servizi finanziari e assicurativi, le costruzioni e il real-estate, la moda e l’agroalimentare emergono come i più ricettivi in tal senso – relativamente parlando.”

“Per poter prosperare nel nuovo scenario competitivo – dove il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità nel 2040 con un calo del PIL – nella migliore delle ipotesi – del 13% (-9% del PIL pro-capite) (Banca d’Italia, 2024) – le aziende, devono già oggi investire risorse al fine di aumentare la produttività del proprio capitale umano e tecnologico. In un momento storico dove la disoccupazione è ai livelli più bassi di sempre (6,2% – ISTAT, 2024), il primo step è aumentare il livello di maturità digitale dei processi aziendali. Occorre cioè esplorare nuove strade e opportunità di interazione digitali, per supportare la produttività dei lavoratori e concentrare il loro talento nelle attività a maggiore valore aggiunto. Un altro aspetto cruciale è investire oggi stesso nella formazione continua dei lavoratori di ogni età, in una logica di “lifelong learning”. Devono essere attivati percorsi multidisciplinari e personalizzati volti all’upskilling e reskilling delle competenze, in linea con gli sviluppi digitali dell’azienda stessa, anche per attrarre maggiori risorse. In parallelo, l’invito alle aziende è quello di ripensare strategicamente le modalità di crescita percorribili nel nuovo scenario, in funzione della specifica fase del ciclo di vita aziendale in cui si trovano. Ad esempio, si dovranno prendere quanto prima decisioni strategiche per erogare alcune attività standardizzate in appositi “delivery centers”; si dovranno, da un lato, valutare opportunità di acquisizioni o fusioni al fine di acquisire competenze, risorse, scala e/o modelli di business fortemente innovativi e, dall’altro, costituire ecosistemi di imprese per una migliore gestione di varie parti della catena del valore (come nei famosi distretti) e il conseguimento attraverso diversi approcci di economie di scala e di scopo. Tutte queste valutazioni strategiche, infine, dovranno essere allineate a una nuova “value proposition” – coerente con il purpose dell’organizzazione – per rafforzare il posizionamento di mercato: a differenza di altre crisi passate, il cambiamento demografico si deposita lentamente e in modo più intellegibile. Proprio per questo, è miope rinviare il problema al futuro: il momento di prepararsi è già adesso.”


[1] ISTAT, Previsione della popolazione residente e delle famiglie – Base 1/1/2023, 24 Luglio 2024.

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[2] Banca d’Italia, Relazione annuale 2023 –  Considerazioni finali del Governatore, 31 maggio 2024.



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