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Stati Uniti, Trump blocca parco eolico a New York: bruciato progetto da 1,6 miliardi di dollari


Il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, ha ordinato lo stop al progetto eolico offshore Empire Wind 1 al largo di New York, nonostante fosse già completamente autorizzato. Una decisione che getta ombre sulla sicurezza degli investimenti nel settore energetico statunitense e preoccupa l’intera industria dell’eolico marino.

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Decisione non revocabile – Il blocco del progetto Empire Wind 1, sviluppato dalla norvegese Equinor, è arrivato mercoledì sera con un ordine del segretario agli Interni Doug Burgum. L’amministrazione Trump ha motivato la sospensione dei lavori con presunti vizi nell’analisi ambientale alla base dell’autorizzazione. Il provvedimento va oltre la sospensione di nuove concessioni federali, già annunciata da Trump nel suo primo giorno di mandato, e rappresenta un segnale più ampio verso l’intero settore.

Industria sotto shock – Liz Burdock, CEO del gruppo industriale Oceantic Network, ha definito la decisione “allarmante” per chi investe negli Stati Uniti: “Fermare un progetto energetico già autorizzato e finanziato manda un messaggio chiaro a tutte le imprese: l’investimento negli USA non è sicuro”. Secondo Oceantic, il progetto aveva attirato 1,6 miliardi di dollari in investimenti nella catena di fornitura e supportava oltre 3.500 posti di lavoro.

Impatto economico – L’industria eolica offshore statunitense prevede investimenti per 65 miliardi di dollari entro il 2030, secondo un rapporto dell’American Clean Power Association. La decisione dell’amministrazione Trump rischia di compromettere questi piani. Hillary Bright, direttrice esecutiva di Turn Forward, ha avvertito: “Il divario tra la domanda elettrica e l’offerta disponibile minaccia la crescita economica. È nell’interesse nazionale sviluppare risorse come l’eolico offshore”.

Effetti a catena – Attualmente sono in funzione quattro impianti eolici marini negli Stati Uniti, mentre altri tre sono in costruzione: Sunrise Wind e Revolution Wind, entrambi di Orsted, e Coastal Virginia Offshore Wind di Dominion Energy. Quest’ultimo è già completato per oltre il 50% e punta a entrare in funzione entro fine 2026. Dominion ha dichiarato che gli altri lotti in concessione sono considerati “opzioni per lo sviluppo futuro”, ma al momento non esistono piani concreti. Orsted ha preferito non commentare.

Ripercussioni legali – Equinor ha confermato di aver interrotto i lavori come richiesto e ha annunciato l’intenzione di dialogare con l’amministrazione per chiarire le criticità sollevate. Intanto, l’associazione ambientalista League of Conservation Voters ha criticato duramente il dietrofront del governo, sostenendo che “se il governo non è in grado di rispettare i permessi concessi dopo una revisione ambientale, si genera incertezza per tutto il settore economico”.

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Prospettive future – La National Ocean Industries Association, che riunisce imprese dell’eolico e dell’oil&gas, ha espresso l’intenzione di collaborare con l’amministrazione per risolvere le criticità: “Siamo impegnati a lavorare con agenzie federali e stakeholder per portare avanti soluzioni energetiche in linea con le priorità nazionali”, ha dichiarato il presidente Erik Milito. Il Dipartimento degli Interni non ha ancora rilasciato commenti ufficiali.

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