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Pet economy in Italia, un mercato da 6,8 miliardi che non conosce crisi


La pet economy italiana è un settore in piena espansione, con un giro d’affari ormai misurabile in oltre 6 miliardi di euro. Sempre più italiani considerano gli animali domestici parte della famiglia a tutti gli effetti, dedicando tempo e risorse al loro benessere.

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Questo fenomeno, che resiste anche a inflazione e crisi, sta trasformando il mercato: accanto ai tradizionali alimenti e cure veterinarie, fiorisce un mondo di servizi wellness per animali, dalle spa alle diete su misura.

Un mercato in crescita costante

Negli ultimi anni la pet economy è diventata uno dei motori più dinamici dei consumi in Italia. Oggi si contano quasi 27 mila imprese attive nel settore, e ciò che colpisce è il cambio di passo: negli ultimi cinque anni le attività legate ai servizi di cura per animali sono aumentate del 32%, mentre le cliniche veterinarie sono cresciute di quasi +39%​.

Complessivamente, il comparto vale circa 6,8 miliardi di euro l’anno in Italia​. Pur rimanendo fondamentale, il pet food non è più l’unico protagonista: se il segmento degli alimenti per cani e gatti continua a crescere (+28% dal 2019, trainato da prodotti premium e biologici)​, la vera rivoluzione riguarda l’offerta di servizi personalizzati dedicati al benessere degli animali.

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Le imprese si stanno infatti spostando dal commercio alla cura: calano allevamenti e negozi tradizionali, mentre raddoppiano le attività di toelettatura, pet-sitting e fisioterapia per pet​. In parallelo aumenta anche la spesa media annua destinata agli amici a quattro zampe, che sfiora ormai i 1.000 euro a famiglia​, segno di una domanda disposta a investire pur di garantire una migliore qualità di vita agli animali di casa.

Gli italiani e gli animali: un cambiamento culturale

Dietro al boom della pet economy c’è un’evoluzione profonda nel rapporto tra italiani e animali domestici. Oggi oltre la metà delle famiglie italiane vive con almeno un animale e la quasi totalità dei proprietari lo considera parte integrante della famiglia, ritenendo che la convivenza con Fido o Micio migliori anche il proprio benessere psicologico​.

In molti casi il legame è così forte che si pensa persino al futuro degli amici pelosi come fossero figli: non mancano italiani pronti a lasciare parte dell’eredità al proprio animale, o addirittura a prevedere di essere sepolti insieme a lui​.

Si tratta di segnali di una “umanizzazione” del pet, visto ormai come componente essenziale del nucleo familiare. Questo trend è rafforzato da fattori demografici e sociali: coppie senza figli o con figli ormai grandi trovano nei pet compagni di vita che riempiono il “nido vuoto”​, e in generale sempre più persone scelgono un animale domestico anche in sostituzione della genitorialità tradizionale.

Queste trasformazioni socioculturali spiegano perché la spesa per il benessere animale sia in forte aumento. Gli italiani, anche in tempi di rincari, tendono a non lesinare sul comfort e la salute dei loro amici a quattro zampe​.

Le famiglie con redditi medio-alti, ad esempio, arrivano a spendere oltre 300 euro al mese pur di garantire il massimo ai propri pet​.

Imprese e lavoro: l’indotto della pet economy

La crescita della pet economy non riguarda solo i consumi familiari, ma si traduce in nuove forme di impresa e occupazione, spesso in settori ad alta specializzazione come il pet market.

A oggi si contano oltre 27 mila attività registrate legate alla cura degli animali in Italia, in aumento rispetto agli anni precedenti, con una forte concentrazione di microimprese e lavoratori autonomi. Si tratta di un ecosistema frammentato ma dinamico, che include toelettatori, comportamentalisti, nutrizionisti animali, fisioterapisti veterinari, pet sitter e strutture dedicate all’accoglienza e al wellness.

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Negli ultimi cinque anni il numero di imprese nei servizi per animali è cresciuto di circa il 32%, con picchi in Lombardia, Lazio e Emilia-Romagna. Il dato interessante è che molte di queste attività sono state fondate da under 40 e da donne, spesso con un background veterinario o educativo, ma anche da persone in transizione da altri settori, attratte da un mercato percepito come stabile e in crescita.

Il segmento wellness in particolare si sta affermando come uno spazio di innovazione occupazionale: basti pensare alle nuove figure richieste dal mercato – educatori cinofili certificati, operatori di pet therapy, specialisti del comportamento animale – per cui mancano ancora percorsi formativi strutturati a livello nazionale. In questo senso, la pet economy rappresenta anche una sfida per il sistema formativo e per le politiche attive del lavoro, che dovranno intercettare la domanda crescente di competenze trasversali, tra cura, benessere, comunicazione e gestione.





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