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Web tax, opposizioni e imprese in difesa della tassazione che Trump vuole togliere di mezzo


ROMA – La web tax merce di scambio nella partita dei dazi? Le garanzie offerte dalla premier Meloni al presidente Usa Trump vanno in direzione opposta a quella delle istituzioni europee, che stanno stringendo su un progetto unico di tassazione delle multinazionali, in trattativa da molto tempo. A opporsi a un possibile allentamento o abolizione della web tax in Italia le forze di opposizioni, ma neanche nella maggioranza c’è accordo: Forza Italia ha sempre sostenuto la misura, da adottarsi nei confronti delle grandi imprese.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Pochi giorni fa infatti il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri ha ribadito che “la tassa a carico dei giganti della Rete non deve essere una ritorsione per le follie che ha tentato di fare Trump con i dazi”. Al contrario, “questa tassa va pagata perché queste società non pagano nulla, mentre imprese, lavoratori, pensionati, commercianti pagano tasse significative. Quindi l’Europa non deve esitare. E l’Italia deve essere all’avanguardia di un’iniziativa di equità fiscale”. “I giganti della rete stanno alterando l’economia mondiale quanto e peggio di Trump. Non si tratta di colpirli, ma di imporre delle giuste regole. Devono pagare, tanto e presto”, ha detto ancora Gasparri.

La tassazione sui profitti delle multinazionali che pagano pochissime tasse, approfittando delle difficoltà dei Paesi in cui operano di delimitare l’imponibile fiscale, esiste solo in pochi Paesi europei, tra i quali l’Italia, che applica un’aliquota molto bassa, del 3%. Le istituzioni europee stanno cercando da tempo di arrivare a una normativa unitaria, e la Commissione Ue negli ultimi giorni sta lavorando a un’accelerazione del progetto, anche come risposta ai dazi di Trump. A ricordarlo Pasquale Tridico, europarlamentare M5S: “Trump ottiene quello che vuole da Meloni: – ha contestato, al rientro dalla presidente del Consiglio da Washington – isolare la Cina, acquistare più gas statunitense e impedire l’introduzione in Ue della web tax per le Big Tech Usa, esattamente quello su cui sta lavorando la Commissione per le questioni fiscali del Parlamento europeo, che presiedo. Meloni tradisce gli interessi nazionali e europei”.

Per Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, “l’Italia, con Giorgia Meloni, ha pagato il pizzo all’estorsione di Trump e dei suoi dazi. Senza ottenere nulla in cambio, il governo ha detto sì all’acquisto di armi, al gas americano, allo stop alla web tax per i colossi statunitensi che macinano profitti miliardari ma si rifiutano di pagare le tasse nel nostro Paese”. “Secondo un rapporto negli ultimi 10 anni – afferma il leader di Avs Nicola Fratoianni – le sei principali multinazionali del settore hanno eluso le tasse per quasi 280 miliardi miliardi di dollari. Si tratta di Google, Amazon, Apple, Meta, Microsoft e Netflix e lo hanno fatto perchè hanno pagato una aliquota sostanziale di poco superiore al 18%. Mentre negli Stati Uniti quella nominale che pagano tutte le altre imprese è intorno al 29% e a livello globale si attesta intorno al 27%. Questo dimostra una cosa semplice: ad essere discriminati non sono affatto queste grandi multinazionali, ma lo sono i piccoli commercianti, i negozi di strada, sono i lavoratori e le lavoratrici, i pensionati”.

Anche le organizzazioni imprenditoriali italiane si sono espresse a favore della web tax, per un criterio di equità, e non solo: recentemente è stata Confesercenti a chiedere di accelerare sul suo rafforzamento, mentre Asstel-Assotelecomunicazioni in una nota sulle contromisure studiate dalla Ue ha affermato, ricordando che i profitti delle multinazionali arrivano anche dalle infrastrutture di rete realizzate in Europa, che “sarebbe utile destinare quota parte dell’eventuale introito della tassa allo sviluppo della filiera delle telecomunicazioni, anche allo scopo di rafforzarne resilienza e sicurezza”.

L’Italia è tra i Paesi firmatari dell’accordo europeo sulla web tax raggiunto in occasione dell’Ecofin di Tallin nel settembre 2017, ed è sempre stato tra i Paesi che l’hanno maggiormente sostenuta, insieme a Francia, Germania e Spagna. Nel 2021 era stato faticosamente raggiunto un accordo tra i Paesi Ocse, mai veramente entrato in vigore (ci sono solo alcune tassazioni minime nazionali, come nel caso dell’Italia), che all’inizio di quest’anno è stato disdettato dal presidente Trump, che sostiene che la tassazione è discriminatoria nei confronti delle Big Tech americane. La guerra dei dazi potrebbe essere l’ultimo capitolo della web tax, che potrebbe essere definitivamente accantonata nel caso di un accordo con il presidente americano, o l’occasione per trovare un accordo almeno a livello europeo, e darle finalmente una forma definitiva nella fiscalità dell’Unione.

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