«Il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica certificato dal Documento di finanza pubblica – Dfp 2025 rappresenta una notizia positiva per la tenuta economica del Paese, grazie anche alle maggiori entrate fiscali. Tuttavia, le centrali cooperative dell’Alleanza segnalano l’assenza di una strategia esplicita di riprogrammazione delle risorse pubbliche a sostegno dello sviluppo, delle imprese e dell’economia sociale». A dirlo sono Simone Gamberini, presidente di Legacoop, e Marco Venturelli, segretario generale di Confcooperative, intervenuti, anche in rappresentanza di Giovanni Schiavone, presidente dell’Agci, all’audizione sul Dfp presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato.
«La riduzione della spesa netta nel 2024 e il mantenimento dell’avanzo primario sono valutati favorevolmente», prosegue la nota di Alleanza delle cooperative italiane. «Preoccupa, tuttavia, la debolezza dell’intervento pubblico in ambito sociale e sanitario. Il comparto socioassistenziale è sottofinanziato, come evidenziato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio e dalla Banca d’Italia. In assenza di interventi mirati, il sistema rischia seri squilibri e un’ondata di contenziosi, come nel caso dei ricoveri per Alzheimer, a seguito della recente sentenza della Cassazione».
«Nel primo semestre 2025, il sentiment economico tra le cooperative è negativo, anche se si prevede una crescita di fatturato nei settori sociale, sanitario e agroalimentare. Persistono criticità strutturali, tra cui il mismatch tra domanda e offerta di lavoro e la crisi demografica della cooperazione, con un saldo negativo di iscrizioni e cessazioni. Il movimento sollecita una riflessione sull’evoluzione normativa degli ultimi vent’anni, affinché lo Stato torni a promuovere attivamente la cooperazione, in linea con l’articolo 45 della Costituzione».
«La nuova crisi dei dazi statunitensi rischia di travolgere il settore agroalimentare, in particolare il vino, l’olio Evo, i formaggi, i salumi e le conserve di pomodoro», sottolinea ancora la nota dell’Alleanza. «Le cooperative, che esportano negli Usa prodotti ad alto valore aggiunto, non possono delocalizzare e invocano misure di emergenza per evitare perdite di mercato e occupazione. Le stime parlano di rischi occupazionali tra i 18mila e i 20mila posti, con cali potenziali di export fino al 30% per i vini e al 20% per i salumi».
Le centrali cooperative avanzano una serie articolata di proposte su quattro assi principali: «Tutela dalle crisi commerciali, con l’attivazione di fondi europei e nazionali per sostenere le imprese colpite dai dazi, con risorse straordinarie, promozione nei nuovi mercati e strumenti digitali per l’export; sostegno alla competitività, con ammortizzatori sociali speciali, contenimento della pressione fiscale, estensione dei benefici alle imprese agricole cooperative e semplificazione burocratica; accesso alla liquidità, attraverso misure di sostegno al credito sul modello del temporary framework Ucraina e moratorie simili a quelle attuate durante il Covid; fiscalità internazionale, passando per la revisione della disciplina della Global minimum tax per renderla compatibile con le specificità delle cooperative e delle imprese sociali. In vista della legge annuale per le Pmi e dell’attuazione della Raccomandazione Ue sull’economia sociale, la cooperazione chiede incentivi per gli investimenti nel capitale delle imprese sociali, un rilancio della fiscalità sul patrimonio indivisibile delle società cooperative e correttivi agli Indici sintetici di affidabilità. Sul fronte degli appalti pubblici, è urgente eliminare la disparità tra lavori e servizi nella revisione prezzi. Inoltre, il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro della cooperazione sociale e i nuovi costi che ne derivano devono essere riconosciuti dalla pubblica amministrazione. Infine, è indispensabile un intervento coordinato per l’adeguamento delle tariffe dei servizi sociosanitari, oggi ampiamente insufficienti».
Credit: foto di Jace Oner su Pexels
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