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Polizza di Responsabilità Ambientale, facciamo prima a dire chi ce l’ha – PLTV.it


di Giuseppe Gaetano, editor in chief

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Era il maggio 2023 quando le telecamere di PLTV.it si recarono a Roma, nella sala stampa della Camera dei deputati, per la presentazione della proposta di legge su sgravi fiscali e incentivi per le imprese italiane coperte dai danni arrecati all’ambiente.

In 2 anni non è avanzato di un millimetro né il provvedimento parlamentare né il perimetro delle aziende decise a tutelarsi dai risarcimenti. La platea assicurata, dalle microimprese alle multinazionali, è passata dallo 0,45 ad appena lo 0,64%: in pratica, facciamo prima a scrivere nero su bianco chi ha acceso una polizza di responsabilità ambientale. Evidentemente, è scarso anche il contrasto governativo a reati (amministrativi e penali) come lo sversamento di sostanze nocive nei terreni o l’inquinamento atmosferico e delle falde acquifere: probabilmente proseguono indisturbati da Nord a Sud della penisola, prima che qualche pm riesca a scoprire l’ennesima “terra dei fuochi”.
A tirare le tristi somme, elaborando dati ANIA, è il consorzio di coriassicurazione Pool Ambiente, di cui fanno parte tutti i maggiori player assicurativi nazionali: tra i settori meno sottoassicurati c’è ovviamente quello dei rifiuti (21,16%), che senza l’obbligo di legge introdotto nel  1999 dalla Regione Veneto (unica regione col Friuli a superare l’1% di diffusione territoriale) scenderebbe però al 13,61%. Seguono, anche qui per ovvie ragioni, chimico (11,87%) e petrolifero (4,19%); raggranellano qualcosina pure carta, legno e stampa (0,64%).

La diffusione è limitata da molteplici fattori, in particolare pregiudizi e concezioni errate che persistono tra aziende, intermediari, media e istituzioni – afferma il presidente del Pool, Tommaso Ceccon -. Non dimentichiamo che se non c’è la polizza incendio ci rimette l’azienda, se non c’è la polizza per i danni all’ambiente ci rimettiamo tutti”. Certo, a livello politico, non è esattamente il momento giusto per rendere obbligatoria pure questa copertura, dopo quella già tormentata contro le perdite catastrofali tuttora in discussione.
Eppure le multe, quando vengono comminate, possono raggiungere svariati milioni di euro e sono gli enti locali – dunque i contribuenti – a caricarsi le spese di bonifica e ripristino se l’imputato fallisce in tribunale, sempre che in cassa ci siano risorse bastevoli. Spesso passano anni prima che l’habitat si risani, compromettendo per molto tempo le economie delle comunità locali. Inoltre tali prodotti, al di là della loro valenza etica, dovrebbero contribuire alla sostenibilità Esg e quindi al rating assicurativo e bancario del cliente: nel nostro Paese esistono da quasi mezzo secolo e sono offerti attualmente da 20 compagnie. Anche i riassicuratori partecipano a questo tipo di rischio, contribuendo ad ampliare la capacità del mercato.

L’incorporazione di criteri ESG nella valutazione del rischio diventerà sempre più un fattore di competitività e attrattività sul mercato – commenta a proposito Flavio Sestilli, presidente di AIBA, che condivide la battaglia -. I broker possono svolgere un ruolo fondamentale supportando le aziende nel conoscere meglio i potenziali rischi cui sono esposte, individuare soluzioni di mitigazione e gestione su misura e stimolare lo stesso settore assicurativo a innovare i prodotti in rapporto alle nuove esigenze”. Tuttavia – come per i danni non ‘a’ ma ‘da’ l’ambiente offeso, che piovono  sotto forma di cambiamento climatico ed eventi estremi – è “fondamentale lavorare anche in prevenzione”, agendo ex ante con misure fisiche e finanziarie.
Un’idea per rimpolpare il business potrebbe essere intanto quella di coinvolgere l’Unione europea; magari agganciare alle polizze ambientali la tutela legale, che in Italia fa sempre comodo. Anche una campagna di sensibilizzazione mediatica firmata Palazzo Chigi, a dirla tutta, non guasterebbe.

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