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Lavoro, in Veneto mille aziende in crisi: dilaga la cassa integrazione


di
Martina Zambon

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Ammortizzatori in crescita del 36%, 11 mila lavoratori coinvolti. La Cgil: un piano per la manifattura, le risorse ci sono

«Siamo nel vortice creato da una serie di tempeste perfette» dice Antonio Silvestri, segretario della Fiom del Veneto. E il plurale è d’obbligo, i dazi trumpiani rischiano di essere, semplicemente, il colpo di grazia. Lo dicono i numeri delle crisi aziendali presentati mercoledì dalla Cgil: circa un migliaio negli ultimi due anni in regione. Più precisamente si tratta di 221 aziende che, a oggi, hanno presentato istanza per la composizione negoziata della crisi, una procedura che dà maggiori tutele ai lavoratori e, soprattutto, è il passaggio per tentare di scongiurare la liquidazione giudiziale, il fallimento (sono in questa fase, per citare i due casi più rilevanti, Coin e Progest). Ma a crescere sono proprio le liquidazioni giudiziarie: in Veneto, fra 2023 e 2024 c’è stata un’impennata del +34% per un totale di 713 procedure.

I tavoli aperti

Le dighe che tentano di arginare i licenziamenti sono i tavoli aperti al Mimit, il ministero delle Imprese e del Made in Italy, e l’Unità di crisi della Regione per un totale di oltre 11 mila lavoratori. Del resto, l’export è calato di 2,5 punti nei primi 9 mesi del 2024 e gli Stati Uniti valgono il 9,3% delle esportazioni regionali complessive, circa 7,6 miliardi di euro nel 2023, e 5,4 miliardi nei primi nove mesi del 2024. Numeri che preoccupano alla luce dei possibili dazi americani che, specifica la segretaria regionale della Cgil, Tiziana Basso, «impatteranno non solo direttamente ma anche verso altri Paesi come la Germania che a loro volta saranno colpiti». Il 2025, quindi, non lascia presagire nulla di buono. I campanelli d’allarme tintinnano ad ogni ora di cassa integrazione certificata da Inps: nel 2024 in Veneto ne sono state autorizzate 69 milioni e 460 mila, l’anno prima ci si era fermati a poco meno di 51 milioni con una crescita netta del 36%. Ma va peggio se si prendono in considerazione le sole ore di cassa integrazione ordinaria: +44% e parliamo della stragrande maggioranza (61,6 milioni di ore). Si potrebbe obiettare che, spesso, la richiesta di «pacchetti di ore» riflette «solo» l’incertezza degli imprenditori ma, spiega Silvestri, «la percentuale di ore effettivamente utilizzate oscilla fra il 60 e il 70%». Il record negativo, in questo senso, va al tessile-abbigliamento che tocca il 91% di ore utilizzate.




















































Recessione

Numeri che si affastellano l’uno sull’altro ma che si traducono, spiega ancora Basso, «in stipendi ridotti a cifre che si aggirano sui 900 euro al mese, del tutto insufficienti se si tratta, come spesso accade, di lavoratori e lavoratrici monoreddito magari con figli a carico». Il risultato è riassunto in una parola che un po’ è spauracchio, un po’ minaccia concreta sempre più vicina secondo i sindacati: recessione. Si riconosce la «vicinanza» di Regione e ministero ma, attacca la Cgil, serve un cambio di rotta. Le richieste alla Regione e al governo sono blocco dei licenziamenti e riattivazione dello strumento della cassa in deroga nel settore artigiano; integrazione economica da parte della Regione della cassa integrazione ma, soprattutto, spiega Basso, «l’avvio di vere politiche industriali per non perdere la vocazione manifatturiera della nostra regione vincolando, peraltro, l’erogazione dei fondi europei alle aziende che rispettano alcuni requisiti come la tutela e l’aumento dell’occupazione e che hanno già dimostrato la propensione a investire». Le parole d’ordine, a fronte dell’abbondanza confermata dalla Regione, di risorse Ue, sono «basta fondi a pioggia» e sostegno mirato ai settori più in crisi, dall’automotive alla moda.

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Uno dei fattori di squilibrio individuati dalla Cgil, infine, è l’avanzata di fondi di investimento stranieri che si riflette in una mutazione, durissima, delle dinamiche sindacali: «Ormai si parte direttamente dall’annuncio di licenziamenti unilaterali – dice Silvestri – e risalire la china è sempre più difficile». Non va meglio, ma è un prevedibile effetto domino, per i servizi e il commercio con uno stillicidio di chiusura dei punti vendita. La Cgil insiste: anche la Regione può giocare un ruolo importante, seppur a fronte di una congiuntura internazionale oggettivamente sconfortante, fra conflitti, inflazione e ora, appunto, dazi pesantissimi.

Le risorse

Valeria Mantovan, assessore regionale al Lavoro, rassicura: «Crisi e rilancio industriale sono tra i più sentiti dalla Regione. L’Unità di Crisi riesce a trovare soluzioni significative. A oggi stiamo gestendo 25 casi attivi e ne monitoriamo altri 20». Mantovan rivendica «una visione di politica industriale regionale che ci porta a supportare le transizioni in atto, in particolare quella ecologica ed energetica e quella digitale» così come «l’attivazione di strumenti regionali specificamente mirati come i due tavoli su moda e automotive». E fa un esempio concreto: «Il bando sulla formazione continua che, dei 20 milioni di euro stanziati, riserva alla filiera della moda il 25% delle risorse». Niente da fare, invece, sul sostegno alla cassa integrazione «difficile immaginare, in questo momento, interventi assistenziali non mirati e finanziabili unicamente con risorse regionali» conclude l’assessore.

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17 aprile 2025

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