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James Cameron punta sull’IA per abbassare i costi


Siamo rimasti a dir poco elettrizzati dalle ultime novità sul prossimo “Avatar: Fuoco e Cenere”, terzo capitolo di una saga epica in uscita il prossimo 17 dicembre ad opera del genio creativo di James Cameron. Riconosciuto tra i cineasti più innovativi ed influenti ad Hollywood, specie sotto il profilo della ricerca e sviluppo nel campo degli effetti visivi, ha partecipato con un videomessaggio all’ultima edizione del CinemaCon per la presentazione del primo trailer ufficiale, lasciando gli spettatori muniti di appositi occhiali 3D visibilmente impressionati.

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Con la scoperta di due nuovi clan Na’vi, i Mercanti del Vento e il Popolo del Fuoco, si è potuto assistere a una folgorante battaglia nei cieli, preannunciando momenti di altissima tensione e coinvolgimento emotivo. Da un messaggio del regista rilasciato durante l’evento, scopriamo che: “La famiglia Sully è davvero messa a dura prova in questo episodio, perché non deve affrontare solo gli invasori umani, ma anche i nuovi avversari, il Popolo delle Ceneri”.

Come ben sappiamo, Cameron non è legato solamente al successo stellare della sua ultima creazione. Autore di opere indimenticabili come i primi due episodi della saga di “Terminator”, il sequel “Aliens – Scontro finale” e il premiato agli Oscar “Titanic”, è passato alla storia del media grazie alle sue inimitabili qualità nel genere action e alle produzioni d’imponente scala da cui i suoi titoli hanno tratto beneficio, collocandosi per audacia espressiva e visionaria inclinazione al fianco di nomi altisonanti del calibro di George Lucas e Steven Spielberg.

Pioniere nel campo della tecnologia per il cinema, è entrato di recente nel consiglio di amministrazione di “Stability AI”, fornendo alcune utili considerazioni su come agevolare il processo di realizzazione di un film. Nello specifico, il suo dissenso nei confronti dell’intelligenza artificiale sembra esser mutato ad una posizione di relativa apertura; ricordiamo infatti quando in passato, citando il suo cult “Terminator”, affermò con un triste presagio: “Vi avevo avvertiti nel 1984 ma non mi avete ascoltato. La militarizzazione dell’IA è il pericolo più grande”.

Ad oggi, Cameron ritenere che il suo utilizzo sia ormai divenuto necessario, soprattutto se si vuol sperare di vedere in futuro dei nuovi blockbuster. Ma l’apporto di questa tecnologia dovrà dipendere da precise modalità d’utilizzo. Ospite del podcast Boz to the Future, ha dichiarato sulle sue potenziali applicazioni: “L’obiettivo era comprendere questo ambito, capire cosa passa nella testa degli sviluppatori. Cosa stanno cercando di ottenere? Qual è il loro ciclo di sviluppo? Quante risorse servono per creare un nuovo modello costruito su misura per una funzione specifica? Il mio obiettivo era cercare di integrarlo nel flusso di lavoro degli effetti visivi”.

E chiarendo la necessità sempre più urgente di un cambiamento nel processo di sviluppo per un film ad alto budget, ha aggiunto: “Non si tratta di licenziare metà dello staff degli effetti visivi. Si tratta di raddoppiare la velocità di realizzazione di una determinata scena, così che il ritmo sia più rapido, il ciclo produttivo più veloce, e gli artisti possano passare ad altri progetti interessanti e poi ad altri ancora, capito? Questa è un po’ la mia visione”.

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Non meno attivo sul fronte politico, il director ha anche espresso le proprie preoccupazioni sulla situazione in cui versa il governo degli Stati Uniti dopo la rielezione di Trump. In una puntata del podcast The F-ing News, ha affermato nel merito: È orribile, penso che sia terrificante. Vedo un allontanamento da tutto ciò che è decente. L’America non rappresenta nulla se non difende ciò che storicamente ha rappresentato. Diventa un’idea vuota, e penso che la stiano svuotando il più velocemente possibile per il loro tornaconto personale”.

E alludendo alla figura del presidente Trump in relazione allo stile di vita in Nuova Zelanda, dove ha lavorato per diversi anni durante le riprese di “Avatar”, ha detto: “C’è qualcosa di positivo nei media neozelandesi, almeno lo mettono a pagina 3. Non voglio più vedere la faccia di quell’uomo in prima pagina. Negli Stati Uniti è inevitabile, è come guardare un incidente d’auto ripetersi all’infinito”.

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